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ANNIE ERNAUX & LA PHOTOGRAPHIE – MEP PARIS

 

Dolorès Marat, “La femme aux gants”, 1987. Tirage pigmentaire Fresson, Collection MEP, Paris, acquis en 2006. © Dolorès Marat

DIARIO DELLA PERIFERIA 

ANNIE ERNAUX & LA PHOTOGRAPHIE 

Racconto per immagini e parole tratto dalle opere del premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux e dalle immagini dell’archivio del Mep di Parigi.

 

Il fil rouge che lega brillantemente le frasi tratte dal libro “Journal de dehors” del premio Nobel per la letteratura Annie  Ernaux e le immagini, provenienti dalla collezione permanente del Mep, è stato  rintracciato con grande sensibilità  dalla curatrice e scrittrice Lou Stoppard nella mostra “Extérieurs. Annie Ernaux & la Photographie” in mostra al Mep Paris fino al 26/5/2024.

Durante la sua residenza al Mep infatti,  riguardando continuamente  le foto dell’eccellente archivio che il museo vanta, la Stoppard, anch’ella estimatrice della Ernaux, non ha potuto non notare una certa corrispondenza tra le parole e le immagini dei due medium. In quel periodo la Stoppard viaggiava spesso in metropolitana e non faceva che vedere libri della Ernaux letti da giovani trentenni, come se essi fossero accomunati dalla condivisione di un un manifesto comune, di cui la scrittrice era divenuta la portabandiera. I libri della Ernaux traboccano di spunti relativi all’amore, al sesso, alla liberazione personale della donna e all’aborto, ma in questa raccolta lo sguardo della scrittrice è particolarmente attratto dal vivere quotidiano, dalle sue piccole stonature, dai fallimenti giornalieri, da frammenti di felicità. Lou Stoppard leggendo Annie Ernaux si immedesima nella ricerca della scrittrice. C’erano vari punti in comune tra le due e la giovinezza della Ernaux nei dintorni di Cergy-Pontoise non era poi così diversa da quella della curatrice cresciuta a Milton Keynes, una piccola cittadina a nord di Londra. Forse il milieu parigino dell’agglomerato urbano di Cergy-Pontoise era più austero ed architettonicamente elegante rispetto a quello di Milton Keynes, cittadina dalle vie ortogonali costruita negli anni ‘60 per accogliere l’aumento repentino della popolazione londinese dell’epoca, studiata nei testi di architettura come forma virtuosa di città sostenibile. Ma al di là dell’aspetto architettonico della questione, le due vite si assomigliavano notevolmente  e questo ha permesso alla Stoppard, anche a seguito di conversazioni dirette con la scrittrice, di poter rintracciare una chiave interpretativa delle sue frasi, traducendole in immagini. La mostra si snoda attraverso un serie di brani, sintetici e immaginifici, accostati a fotografie che descrivono perfettamente l’ambiente urbano, oggetto delle riflessioni della Ernaux. L’elemento significativo della mostra e che rende la narrazione del fotoreportage assolutamente credibile, fisiologica ed affabulante, è la capacità di accostare fotografi di più disparata provenienza, ai brani tratti dal libro. Non solo le foto scelte a volte rappresentano esse stesse delle eccezioni rispetto alla produzione classica dei fotografi che le hanno scattate, ma esse si accordano perfettamente ai brani e alla loro brevità. E’ impossibile non notare come l’essenzialità delle immagini di Garry  Winogrand ( San Marcos , Texas 1964), il cui lavoro è accostato nell’immaginario comune ai fasti della Hollywood degli anni ‘50, abbia qui un taglio eccezionalmente sobrio e perfettamente aderente ai brani scelti. Così come le foto descrittive del caos urbano del fotografo Mohamed Bourouissa (L’impasse, 2007) si adagino perfettamente su concetti come alienazione e degrado, di cui la città pullula. La scelta semantica dei testi del libro, come dichiara la scrittrice stessa durante una lunga intervista concessa a Geraldine Mosna-Savoye per la puntata della trasmissione “Les midis de culture” è stata quella di cercare di togliere più parole possibili ai brani,  per rendere i testi asciutti e minimali. L’oggetto delle annotazioni prese dalla Ernaux durante la vita di tutti i giorni, soprattutto in luoghi pubblici, le hanno permesso di sfruttare pienamente l’anonimato che i luoghi le conferivano e di annotare esattamente le scene che facevano scaturire in lei riflessioni o rimandi a momenti correlati al suo  vissuto. 

Particolarmente riuscito è inoltre l’accostamento della tematica della mostra alle immagini della fotografa Dolorès Marat soprattutto per ciò che riguarda l’immagine simbolo della mostra stessa ( La Femmes aux gants, 1987), in cui una elegante donna, dall’inconfondibile charme francese, viene ritratta nella scala mobile. Il viso è parzialmente visibile, i colori sono opachi e sfumati. L’opera di Marat si pone in questo racconto visivo con particolare aderenza al tema. Anche la Marat, proveniente da una famiglia di umili origini, non ha trovato come la Ernaux un ambiente fecondo alla propria costruzione intellettuale. Quando la piccola Dolores dichiara infatti alla madre di voler diventare fotografa, viene immediatamente smentita, asserendo che lei diventerà una sarta. Questa profezia porterà la Marat a dedicarsi alla fotografia solo dopo i quarant’anni, attendendo che i suoi figli diventino grandi. Tuttavia la maturità alla quale giunge, prima di dedicarsi interamente e brillantemente all’attività di fotografa, rappresenta sicuramente un atout, permettendole di elaborare uno stile inconfondibile, mai banale in cui la ricercatezza è riscontrabile sia nelle tonalità intense e sfuocate delle sue immagini, sia nei soggetti minimali ed evocativi. Così come Annie Ernaux prediligeva l’anonimato dei luoghi pubblici e trafficati, anche Marat approfittava dei colori della notte per scattare liberamente, adorando la grana grande delle sue foto, la texture porosa ed i rossi, gli arancioni e blu portati alla saturazione.

“Tutte le immagini scompariranno” è l’incipit del libro “Gli anni” di Annie Ernaux, uno dei libri più amati dal pubblico della scrittrice e che introduce da subito un legame speciale tra la parola e la fotografia. Eppure guardando le immagini della mostra e il racconto ad esse accostato, si ha la percezione esatta, che invece non scompariranno mai.

 

Extérieurs. Annie Ernaux & la Photographie.

 

dal 28/2/2024 al 26/5/2024

a cura di Lou Stoppard 

Mep Paris

Pubblicato su ww.julietartmagazine.com

Diario di periferia: le immagini dell’archivio del Mep di Parigi incontrano le parole del premio Nobel per la letteratura Annie Ernaux

 

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Le avventure di Guillermina e Belinda Alessandra Sanguinetti

 

Le gemelle diverse

Il racconto per  immagini delle avventure di Guillermina e Belinda.

 

Le foto appaiono vivide e colme di colori intensi, incorniciate da uno sfondo azzurro che amplifica la potenza delle immagini. La narrazione della vita delle protagoniste, scorre dinanzi ai nostri occhi, come in un film magnetico da cui non riusciamo a distogliere lo sguardo. Ogni foto evidenzia un aspetto originale di questo racconto, essenziale nelle ambientazioni, ma di una potenza incredibile. La maggiore intensità percepibile risiede nel fatto che pur essendo un reportage della fine del secolo scorso, la modernità del suo architrave è del tutto contemporanea.

Tale aspetto per non essendo  affatto scontato nella maggior parte del lavori fotografici di analogo taglio , costituisce invece  la caratteristica principale dell’attività di  Alessandra Sanguinetti, nota fotoreporter, appartenente all’Agenzia Magnum dal 2007, ed impegnata in un’attività di documentazione iconografica del presente.

Il focus della mostra “Les Aventures de Guille et Belinda” presente alla Fondation Henri Cartier – Bresson fino al 19 maggio 2024, rientra in questa visione del mondo della fotografa ed è incentrato nel  mettere a fuoco la vita di due amiche, che condividono gli spazi selvaggi di una fattoria in Argentina, documentando il passare del tempo sui loro volti e i loro corpi. 

Le due ragazze vengono ritratte in momenti della loro quotidianità, ma essendo il lavoro della Sanguinetti protrattosi per vari anni, spesso l’ambiente selvaggio e naturale viene arricchito da set studiati dalla fotografa, per darne movimento e spessore,  riuscendo a produrre immagini che strizzano l’occhio ad iconografie dell’arte classica. In “The Ophelias” 2002 , ad esempio,  Guillermina  e Belinda vengono ritratte galleggianti a pelo d’acqua, con vestiti che si abbinano alle sfumature dell’azzurro in cui sono immerse, tenendo in mano dei fiori di campo colorati. L’immagine, che ha un palese riferimento al quadro del pittore preraffaellita John Everett Millais, nel complesso rende il senso della fluttuazione essendo esteticamente armonica e potente, sebbene la messa in scena conferisca una dimensione assolutamente terrena allo scatto, rispetto a quella del  quadro. 

Guille e Belinda non sono estranee per la Sanguinetti, la quale,  pur essendo nata a New York, ha vissuto a lungo con la sua famiglia in un ranch in Argentina, molto simile a quello che descrive nelle sue fotografie. I giochi delle due muse, erano fin da bambine allietate dalla presenza di Alessandra, che in compagnia della sua macchina fotografica, condivideva l’amore per gli animali di Juana,  nonna delle due protagoniste ed immortalava senza sosta le sue nipoti e la loro fattoria . Fin da subito quindi la documentazione del vivere quotidiano, i sentimenti delle due cugine, ma anche il passare del tempo, la femminilità che cambia e la vita  che scorre con i suoi elementi caratteristici, sono state le spontanee tematiche approfondite della fotografa. Inizialmente con uno sguardo naif, perseguito successivamente  con maggior rigore, scegliendo di abbandonare l’iniziale carriera da antropologa, per frequentare l’Icp di New York e trasferirsi in seguito a San Francisco.   Le foto della mostra si susseguono  in una cronologia cromatica dai toni intensi. Le ambientazioni esprimono prepotentemente il loro ruolo, illustrando una pampas rigogliosa e impervia che ingloba ed accoglie i giochi delle due ragazzine. Il focus del lavoro della Sanguinetti è però ontologicamente più complesso e profondo, se lo si osserva con attenzione. Innanzitutto la terra di Argentina conosciuta nell’immaginario comune per il suo territorio selvaggio, per le immense distese sconfinate, per i gauchos e la loro vita da rancheri, non era mai stata legata all’immagine femminile. In questo caso invece Guille e Belinda rappresentano l’altra faccia della stessa medaglia. I loro giochi semplici, avvengono proprio nello stesso ambiente che era sempre stato attribuito all’ appannaggio maschile, certe volte scimmiottando anche il machismo tipico, decostruendone l’archetipo. Nel complesso il lavoro della Sanguinetti evoca alla memoria le foto di famiglia di coloro che cresciuti nelle stesse epoche o magari qualche anno prima, hanno vissuto in un ambiente naturale e privo di stimoli sofisticati, in cui il rapporto immediato con gli animali, il travestirsi con gli abiti dei grandi, i gioco di ruolo o semplicemente il bagno in un ruscello incontaminato, era all’ordine del giorno, espressione del divertimento puro. In quest’ottica innovativa e moderna, anche il corpo delle due ragazze ed il loro cambiamento attraverso le epoche, assume una notevole rilevanza. Non è secondario osservare come in un’epoca, assolutamente lontana dal body positivity e dalle campagne moderne volte all’accettazione dei corpi, non sempre conformi al giudizio comune, l’effigie delle due cugine, esteticamente  molto diverse tra loro, non solo non appare fuori contesto, ma sembra assolutamente fisiologica all’ambiente e al racconto delle immagini, consentendo alla fisicità di assumere quella forma che spesso ha perso nelle foto patinate a cui siamo abituati. La spontaneità delle protagoniste buca lo schermo, la loro sicurezza e gioia si diffonde in noi, guardandole prive di condizionamenti esterni, anche quando i loro corpi affrontano i cambiamenti di ogni donna, come la gravidanza o la maternità, vissuti talvolta in maniera controversa nell’epoca contemporanea. Col passare del tempo anche lo sguardo della Sanguinetti sul mondo e sugli eventi è cambiato ed anche la storia di Guillermina e Belinda si sta arricchendo di nuovi capitoli.

La fotografa argentina sta infatti lavorando al momento su una serie di filmati girati a Guillermina e Belinda negli stessi anni in cui vennero prodotte le foto della mostra, che potrebbero diventare dei supporti filmici, introducendo una   differente narrazione del reportage, un altro punto di vista sulla storia già raccontata. Nello stesso tempo, così come nella serie di foto oggetto della mostra, vengono messe in evidenza  l’evolversi del concetto di femminilità delle due protagoniste, Sanguinetti col suo recentissimo lavoro,  sta mettendo in campo una nuova immagine delle due donne. Vogue Italia celebra infatti il racconto di Guille e Belinda con un servizio in cui le due muse appaiono oggi, ritratte da Alessandra Sanguinetti in abiti glamour, lontane anni luce dalla naturalità selvaggia delle fotografie di un tempo. Le immagini sono ora colorate ed accattivanti, le due protagoniste guardano ancora dritto in macchina senza incertezza. Il loro corpo assume pose fluide,  esattamente come lo erano in un contesto più minimale, quando erano più giovani. La vita che hanno vissuto, forgia le immagini attuali  di queste due donne, che pur affrontando nella loro esistenza un percorso pieno di eventi e di emozioni, non hanno perso il loro fascino e la loro forza estetica. La potenza delle immagini della Sanguinetti le dipinge nel momento presente.  Incarnando ruoli contemporanei, le due nuove amazzoni della vita degli anni duemila, portano avanti quel famoso storytelling di cui tanto si parla ai nostri giorni, perfettamente singolare e  cifra stilistica inconfondibile del lavoro della fotografa argentina. 

 

Fondation Henri Cartier-Bresson 

 

Alessandra Sanguinetti

Le Avventure di Guillermina e Belinda

a cura di: 

Clément Chéroux, Direttore, Fondation Henri Cartier-Bresson

Pierre Leyrat, curatore, Fondation Henri Cartier-Bresson

30 Gennaio 2024 – 19 Maggio 2024

Le gemelle diverse: il racconto per immagini delle avventure di Guillermina e Belinda

 

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Bercy 12° Arrondissement Paris The place where talent and effort coexist

 

 

 

Bercy – 12° Arrondissement Paris – The place where talent and effort coexist

 

The motto “ Success is 10 % inspiration and 90% perspiration”, attributed to inventor Thomas Edison could be the ideal subtitle for the exhibition I am about to tell you. In her “Bercy Street workout, Photographies 2020-2023”, Marine Peixoto, class 1984, presents the life journey of the Parisian youth in Bercy, where the 12th-arrondissement youngsters gather to play sports in a public park. 

The habit of sharing outdoor spaces is not a new trend, especially if the activity takes place in disadvantaged neighborhoods where there are very few alternatives to the street. In this case, however, there are some particular elements to highlight. The public workout park in Bercy is a place where one can perform sports activities outdoors for free. Among the men who train there is Medhy, a young event planner who coordinates various initiatives there and who proposed Marine Peixoto to photograph the people who train there. The photos that Marine took for three years and more than 1.000 days, acquire the sense of serial and complete documentation of the sporting activity, but also slices of the protagonists’ lives. Chatting with communication assistant Chiara Serena Froldi of Le Bal Museum, sipping a hot coffee, served to us by the friendly Aurélie, we agree that the exhibition was also a form of exercise for Peixoto. Just as routine, repetition of movements and continuous exercise allow athletes to perform perfect sit-ups, so too does photographic practice executed daily and with a commitment to achieve the same goal with images. In this sense, the daily practice of art and sport not only allows one to achieve unexpected goals, occupying the present without renouncing who one is; but looking at the physical effort made by the athletes brings us back to our initial consideration of talent and effort required to achieve adequate results.

Marine’s photos are all in black and white, with intense hues reminiscent of Dave Heath’s portraits. The thread of the story also calls to mind the work of Alex Majoli, a Magnum Agency photographer, now one of the founders of the Cesura collective, whose images, like Peixoto’s, are the photojournalistic effigy of the present. More than 200 shots portray the Bercy boys during their training sessions, but also in their convivial and intimate moments, at home, preparing meals. The faces are clean-shaven and look straight at the camera, proud of their bodies and scars, sometimes blatantly displayed and photographed. One cannot help but empathize with these young boys for their physical achievements, just as one cannot help but consider the repeated and continuous effort made by Marine over the three years of her work to always be there, enduring this relentlessly tiring practice, just as it is to perform 500 push-ups for athletes in Bercy Park.

The photojournalistic function of Marine’s work is, in my opinion, truly remarkable. The living conditions of young Parisians in recent years are not at all positive. After a youth unemployment rate of 25% to 40% in 2012, (the latter figure referring to banlieues), highlighted by former President Francois Hollande in an interview with ‘Le Nouvel Obs’ at the end of March, French politicians made efforts to try to lower this rate in the following years. Today, Macron’s government aims to reach 5% youth unemployment in 2027. Despite this, the type of jobs that young people hold always have a connotation of precariousness, with low wages that also prevent them from being able to eat enough. Therefore, the unemployment rate is closely linked to the level of precariousness and poverty to the extent that young people increasingly turn to food aid centers and are behind in paying their rent. Against this backdrop, it is extremely complicated to even think of practicing sports in expensive gyms well-heated in the winter and refrigerated in the summer. There are no economic means to do so. 

Looking back to the past, life for young people has never been easy. The series of images in which Rocky Balboa, after a period of sporting and family difficulties, resumes training in an icy Philadelphia morning, running up the stairs of the Philadelphia Museum of Art, with background music that shakes the soul, is indelibly imprinted in the minds of film audiences. Everyone empathized with the man who had faced many financial hardships to find redemption through boxing, one of the toughest sports. In classic film iconography, Rocky represents the man who was able to break through the glass ceiling of an indifferent American society with his fists. Similarly, the boys of Bercy, by engaging in calisthenics, are inspired by the concept of caring for the body and nourishing the self, regardless of social conditions of origin, in a strongly revolutionary and peaceful act, on the backdrop of the terrorist events that have struck France in the past. The practice of this sporting discipline, which has seen famous American forerunners for years in the USA, such as the YouTuber Hannibal for King, now arrives in France with interesting sociological implications.

Ten years ago, when the first calisthenic videos were already present on the web, it was more common in Paris to see hordes of Sunday joggers roaming around the city, from Malakoff to Boulevard Wilson, in an utterly Parisian rendition of sport performed in Arc’teryx vests. Now that homologation has also hit the French capital in many areas, among which clothing, with “friperies” scattered everywhere, bicycle lanes, and the obsession for organic food and cosmetics, the research of social redemption of the Bercy youth is also inspired by the path of other countries where integration, although more archaic, still finds serious difficulties in being fully realized.

Publishing on Frames Magazine

FOOD FOR THOUGHT: “Bercy – 12° Arrondissement Paris – The place where talent and effort coexist”, by Silvia Ionna

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Vivian Maier

Così come avvenne per la casuale scoperta delle meravigliose fotografie scattate da Vivian Maier, quando il regista Lee Shulman acquistò nel 2017 una scatola di diapositive vintage, trovò al suo interno delle vere e proprie chicche. Le foto del ritrovate testimoniano pezzi di vita dei protagonisti, che pur restando sconosciuti, hanno vissuto momenti analoghi a quelli di ognuno di noi. Inoltre la raccolta e la digitalizzazione a cui Shulman ha dato vita, con The Anonymus Project, sottrae queste diapositive all’oblio a causa del fatto che il colore sulla pellicola permane per non oltre 50 anni, quindi senza questo lavoro di raccolta ben presto non avremo più traccia di questi frammenti di vita di un tempo, che testimoniano come eravamo. Il pregio di queste foto é stato inoltre amplificato dall’essere state scelte per illustrare la collana di letteratura “Americana” a cura di Sandro Veronesi per il “ll Corriere della Sera” in cui le immagini rendono magnificamente il senso dei libri a cui sono associate.

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Arles

Emma Sarpaniemi basa il suo lavoro su concetti come l’intimita e ‘amicizia. Ricorda vagamente I’opera di Cindy Sherman, ma con minor graffiante ironia e piti consapevolezza del ruolo della donna moderna. Les rencontres d’Arles ha scelto questa foto per la locandina ufficiale 2022.