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ALL YOU CAN HIT

ALL YOU CAN HIT, mostra personale di Silvia Levenson a cura di Margaret Sgarra, vuole creare un parallelismo tra l’idea di luogo di ristoro che mette a disposizione dell’altro un menù senza restrizioni di quantità di cibo e le innumerevoli azioni violente verbali e fisiche che si consumano ogni giorno nelle cucine di casa. Il progetto espositivo, realizzato in maniera site-specific per lo spazio di DR Fake Cabinet, vuole essere un’indagine sugli intrecci che si possono generare intorno a concetti contrapposti come: l’amore e la violenza, l’apparenza e la realtà, la protezione e la difesa.

ALL YOU CAN HIT     Silvia Levenson

a cura di Margaret Sgarra

DR Fake Cabinet

Via San Francesco da Paola 12/D

Torino
Info: dr.fake.cabinet@gmail.com

+39 338 167 29 86

+ 39 320 824 00 04

Dal martedì al sabato dalle 16 alle 19.30 e su appuntamento

Fino al 18 Maggio 2024

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Yayoi Kusama in mostra a Bergamo

Fireflies on the Water è l’unica installazione dalle dimensioni di una stanza pensata per essere vista in solitudine, una persona alla volta, per 1 solo minuto. 

L’opera consiste in una stanza rivestita di specchi su tutti i lati; al centro c’è una pozza d’acqua, su cui sporge una piattaforma panoramica simile a un molo e 150 piccole luci appese al soffitto a mò di lucciole. 

Un po’ poco per un’artista come Yayoi Kusama.

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I colori intensi dei sentimenti nell’arte astratta di Mark Rothko

Talvolta gli artisti, durante il processo di creazione dell’opera  d’arte, vengono ispirati da intuizioni intelligibili mentre in altri casi i quadri rappresentano solo quello che sembrano. Nel caso delle opere di Mark Rothko, in qualunque epoca le si prenda in esame, esse celano sempre un significato profondo, benché l’autore si sia sottratto a qualunque interpretazione nascosta. “Egli voleva semplicemente che il visitatore guardasse, che  fosse presente, di fronte all’opera”, così descrive il sentire di Mark Rothko, suo figlio Christopher, psicologo e scrittore, relativamente allo stato d’animo del padre durante il processo creativo. Una fase artistica lunga e combattuta che viene delineata a tutto tondo dalla straordinaria mostra curata da Suzanne Pagé, attualmente  presente alla Fondation Louis Vuitton di Parigi fino al 2 aprile 2024,  dal minimale titolo “Mark Rothko”. Le opere dell’artista, collocabili temporalmente nella fase iniziale della sua carriera,  erano acquerelli dalle figure allungate, tenui e sbiaditi che tanto richiamavano alla mente le sculture di Giacometti. L’evidente  connubio tra le forme dei due artisti viene sottolineato anche nel percorso espositivo, esponendo le opere di Giacometti, che  Rothko stesso aveva immaginato di presentare, nell’ambito di un allestimento che avrebbe dovuto effettuare per il nuovo padiglione parigino dell’Unesco. Le statue dialogano con i quadri più scuri e tetri dell’opera dell’artista, quelli che una sommaria ricostruzione biografica riconduce ai periodi più bui della vita di Rothko, ma che a ben guardare rappresentano anche, a prescindere dallo stato d’animo combattuto e tumultuoso del pittore in quel periodo, l’evoluzione narrativa della ricerca da egli compiuta fin dall’inizio. In definitiva Rothko fu sempre un combattente ed un contestatore, un uomo dall’intelligenza vivace dimostrata fin dai suoi studi a Yale, capace di rinunciare ad una carriera precostituita e di cercare la sua strada. Un pittore tormentato che non si nascondeva e affrontava le ingiustizie di cui era vittima, facendo sentire la sua voce. Così avvenne quando decise di lasciare il sindacato, di cui faceva attivamente parte, per aderire al movimento No Blackout Art, secondo il quale la guerra al Nazismo doveva essere combattuta da ciascuno, con l’obbligo sociale di lottare per la propria libertà. Risulta ineludibile in questa fase non mettere in evidenza quanto il fatto che egli fosse stato figlio di immigrati russi di origini ebree, lo abbia sempre e per tutta la vita legato alla Shoah, quanto tutte le riflessioni che egli possa aver compiuto in quell’America, così apparentemente ospitale e piena di possibilità per gli artisti anche stranieri, in realtà stimolavano una resistenza, neanche troppo celata, alle correnti pittoriche più eteree e lontane dai suoi riferimenti culturali. Proprio in quell’America che gli aveva permesso di iniziare la sua carriera partecipando  al progetto Federal Art Project con il quale si sovvenzionavano in pieno New Deal gli artisti emergenti, permettendo loro di sperimentare la loro arte innovativa, l’antisemitismo dilagava e per evitare di essere etichettato come parte di quella cultura ebraica invisa in quel momento, Mark Rothkovich decise di cambiare il proprio cognome in  Rothko, come moltissimi immigrati della sua generazione. La ribellione fu pertanto ostacolata dalla voglia di affermazione ed il fatto di essere entrato a far parte de “Gli irascibili” in quella memorabile foto in cui appare con lo sguardo sghembo e laterale rispetto all’obiettivo, guardando di traverso la macchina fotografica, denota come si sentisse marginale in quel gruppo .   Nella prima parte della sua ricerca artistica,  i suoi riferimenti pittorici furono rivolti ai Surrealisti quali Ernst, De Chirico, Mirò, ispirando le Subway Series, una serie di quadri che prendendo spunto dalla metropolitana di New York, delineavano  figure sottili e volti inquietanti. L’evoluzione successiva e fisiologica, figlia del cambiamento storico,  del clima di perdita di valori e del dilagare della guerra, lo fa aderire ai  Myth Makers una corrente pittorica ispirata dai miti greci ed alla cultura primitiva la cui partecipazione condivide con personaggi come Pollock o Gottlieb. Il riferimento alla pittura primitiva, soprattutto nella modalità di realizzazione dei colori, rimarrà la cifra di Rothko per tutta la sua carriera. L’utilizzo di pigmenti secchi a cui mescolava un gran numero di additivi, alcuni dei quali  restano ancora oscuri, il ripassare i colori dopo la fase dell’asciugatura  per attribuire lucentezza e spessore alla texture, resta il modus operandi caratteristico dell’artista. Nella parte finale della sua carriera i Multiformi, quadri suddivisi in due o tre colori intensi, a volte intervallati da colori neutri, che spezzano la nuance dominante, totalizzano i suoi lavori. L’uso delle tonalità cambia di netto, virando dai colori caldi come l’arancio e il rosso, al blu intenso, nero e poco bianco. 

Chi l’ha conosciuto profondamente, come il figlio Christopher,  ci esorta a stare lontano da interpretazioni cervellotiche inerenti la modalità di pittura ed il dissidio interiore che l’artista viveva fino al culmine tragico del suo suicidio. L’unico scopo di Rothko era quello di permettere allo spettatore   di ripercorrere un’esperienza, che egli stesso provava nel dipingere, comunicando il suo stato d’animo attraverso i colori. 

Guardando i suoi quadri, seppur influenzati ugualmente da quello che è stato il suo percorso umano e professionale,  non si può non ammettere che egli abbia realizzato il suo intento.

 

Mark Rothko

dal 18 Ottobre 2023 al 2 Aprile 2024

Fondation Louis Vuitton Paris

Curatori

Suzanne Pagé et Christopher Rothko con François Michaud e
Ludovic Delalande, Claudia Buizza, Magdalena Gemra, Cordélia de Brosses.

Pubblicato il 09/2/2024 qui:

I colori intensi dei sentimenti umani nell’arte astratta di Mark Rothko

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Le Superforme di Thomas Bayrle

 

Nel 1970 Thomas Bayrle, artista tedesco di lunghissima fama, la cui opera si è sempre ispirata a concetti fondanti, seppur critici, dei processi produttivi consumistici, diede alla luce l’opera American Dream ( Chrysler), un grande wallpaper che riproduce ossessivamente il logo pentastellato della celebre marca, trasformandolo in icona del progresso capitalista e della produzione industriale. L’artista era però ignaro del fatto che anni dopo (2014) il gruppo Fiat avrebbe acquisito la Chrysler, unificando quindi in un tutt’uno i simboli capitalistici ed automobilistici oggetto di tutta la sua ricerca, ed era altrettanto inconsapevole che questa immaginifica opera, smaccatamente Pop Art, avrebbe aperto la mostra a lui dedicata proprio al Lingotto, antica sede della Fiat ed ora della Pinacoteca Agnelli. 

Articolo completo qui:

Le infinite strade del consumismo: le Superforme di Thomas Bayrle tra artigianalità e Pop Art

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Laurie Anderson

 

Definire Laurie Anderson con un solo aggettivo risulta fortemente riduttivo ed infatti la mostra che celebra la sua attività ultra trentennale al Modena Museet di Stoccolma nel tentativo ben riuscito, nonostante l’opera in questione sia notevole.  Avanguardista performer in ambito artistico e musicale la Anderson ha collaborato con personaggi della caratura di Sol LeWitt, Gordon Matta-Clark, John Cage, Brian Eno, William Borroughs sposando Lou Reed, di cui ne è stata la compagna fino alla fine della sua vita. La sua opera spazia dalle performance che uniscono il lato artistico a quello musicale, ad installazioni che dialogano con la parola per sensibilizzare il pubblico su concetti particolarmente delicati come i diritti umani o l’inquinamento. La sua attività artistica risulta all’avanguardia e predittiva essendo stata in grado di precorrere i tempi ed utilizzare una tecnologia ante litteram, oggi molto diffusa con applicazioni come Chat gpt, ma che nel passato rappresentavano la vera fantascienza.

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Vivian Maier

Così come avvenne per la casuale scoperta delle meravigliose fotografie scattate da Vivian Maier, quando il regista Lee Shulman acquistò nel 2017 una scatola di diapositive vintage, trovò al suo interno delle vere e proprie chicche. Le foto del ritrovate testimoniano pezzi di vita dei protagonisti, che pur restando sconosciuti, hanno vissuto momenti analoghi a quelli di ognuno di noi. Inoltre la raccolta e la digitalizzazione a cui Shulman ha dato vita, con The Anonymus Project, sottrae queste diapositive all’oblio a causa del fatto che il colore sulla pellicola permane per non oltre 50 anni, quindi senza questo lavoro di raccolta ben presto non avremo più traccia di questi frammenti di vita di un tempo, che testimoniano come eravamo. Il pregio di queste foto é stato inoltre amplificato dall’essere state scelte per illustrare la collana di letteratura “Americana” a cura di Sandro Veronesi per il “ll Corriere della Sera” in cui le immagini rendono magnificamente il senso dei libri a cui sono associate.

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Photos

Arles

Emma Sarpaniemi basa il suo lavoro su concetti come l’intimita e ‘amicizia. Ricorda vagamente I’opera di Cindy Sherman, ma con minor graffiante ironia e piti consapevolezza del ruolo della donna moderna. Les rencontres d’Arles ha scelto questa foto per la locandina ufficiale 2022.